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Il governo Letta ha ottenuto ieri la prima fiducia alla Camera, proponendo un ambizioso programma economico per far ripartire l’economia, in cui la riduzione delle tasse occupa un posto privilegiato. In particolare è la per molti odiosa tassa sulla prima casa, l’Imu, ad essere oggetto di attenzione del neo-esecutivo: l’accordo di governo tra Pd e Pdl ha infatti uno dei suoi punti nevralgici sulla cancellazione della prima rata a giugno della tassa sulla prima casa, ovvero 4 miliardi di euro su base annua, che il governo si impegnerà a trovare, senza dimenticare le altre tasse da ridurre secondo il programma presentato dal premier. Ma dove prenderà tutti questi soldi il governo?
Le perplessità sono più che lecite: oltre all’Imu vanno aggiunti infatti 2 miliardi evitare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% da luglio, un altro miliardo per la Tares, la nuova imposta sui rifiuti, senza dimenticare il dramma degli esodati e almeno un altro miliardo e mezzo per finanziare la cassa integrazione straordinaria, che è ormai agli sgoccioli in molte regioni. Secondo una prima stima servirebbe subito una nuova manovra da 8-10 miliardi circa: dove andare a prenderli? I tagli promessi ai costi della politica, che comunque non andranno in vigore in tempi immediati, non bastano certo a coprire il buco di bilancio. Altri tagli al Welfare non sono più sostenibili. Piani di dismissioni di beni pubblici non sono previsti all’orizzonte. Insomma come ha dichiarato anonimamente un sottosegretario del governo uscente all’Espresso, ‘un bellissimo programma, totalmente condivisibile. Ma, nel contesto dato, suscita due perplessità. Innanzitutto, che per realizzarlo occorrono cinque anni, e invece non sappiamo dove starà il Paese tra cinque mesi. E poi che non basta assolutamente annunciare tanti vantaggi, a cominciare dall’Imu di giugno, senza indicare com’è possibile ottenerli. Salvo dire, come pure Letta ha detto, che bisogna ridurre la pressione fiscale senza aumentare l’indebitamento‘.
Il nodo è tutto politico, giacché in campagna elettorale tutte le forze che ora reggono il governo Letta avevano promesso di intervenire sull’Imu prima casa: il centrosinistra voleva una revisione con fasce di esenzione più alte per le classi medie e piccole, il centrodestra la cancellazione totale del balzello e la restituzione di quella già pagata, Scelta Civica riteneva che era possibile ridurre progressivamente l’imposta con l’uscita dalla tempesta finanziaria.
E allora è molto probabile che tutta la partita si giochi con la missione del nuovo governo in Europa, per convincere Ue, Germania e Fondo Monetario Internazionale ad allentare il piano di austerità che prevede il pareggio di bilancio nel 2013: missione non impossibile, visto il disgregarsi progressivo delle posizioni più intransigenti, e il lavoro di risanamento dei conti fatto dal governo Monti. Ma i soldi in ballo restano tanti, troppi, e il mese di giugno per cancellare la rata dell’Imu è alle porte. E resta un dubbio di fondo: siamo davvero sicuri che cancellare la tassa sulla prima casa a tutti, anche ai super ricchi che hanno l’appartamento ai Parioli o vista Colosseo, piuttosto che a Posillipo o nel centro di Milano, sia davvero vantaggioso per far ripartire l’economia? Con una parte dei soldi dell’Imu attuale si potrebbe magari abbassare la tassazione alle imprese e agevolare la crescita. Ma come potranno i partiti rinunciare ad una vittoria di bandiera, promessa in vario modo in campagna elettorale? Il conto sociale di una politica che guarda solo all’immediato potrebbe essere più salato di quanto immaginiamo.
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