Una sposa è stata costretta da un giudice a pagare un abito nuziale da lei ordinato presso un atelier. La donna non lo ha mai potuto usare poiché il matrimonio è stato sempre rimandato per tristi motivi indipendenti dal suo volere
“Questo matrimonio non s’ha da fare”. Chissà quante volte sarà venuta in mente questa celebre frase tratta da “I promessi sposi” a una donna di Prato, in attesa di coronare il suo sogno d’amore nel giorno più bello.
La 36enne, infatti, era in procinto di sposarsi prima che scoppiasse la pandemia. Il Covid ci ha messo lo zampino e, tra quarantene e misure restrittive varie, ha deciso di temporeggiare. Aveva rimesso successivamente in moto la macchina organizzativa ma un avverso destino si è accanito contro di lei. Purtroppo, ha scoperto di avere un tumore al seno. Deve pensare alla sua salute, i fiori d’arancio potranno attendere. Tuttavia, l’atelier in cui ha ordinato l’abito da sposa pretende di essere pagato. Un giudice di Prato ha emesso la sua sentenza.
Nozze rinviate due volte per gravi motivi ma l’abito da sposa deve essere pagato. Così ha deciso il giudice
Una futura sposa di 36 anni di Prato ha dovuto rinviare due volte il giorno del suo matrimonio: prima a causa della pandemia da Covid-19, poi perché ha scoperto di avere un tumore al seno.
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Tuttavia, prima di questi tragici eventi, aveva adocchiato online l’abito che avrebbe voluto indossare e ha chiesto a un atelier di ordinarglielo. Stando a quanto riporta il quotidiano La Nazione, l’avvocato della donna sostiene che non sia mai stato indicato il nome del modello del vestito in questione e non siano mai state prese le misure. Quindi, si suppone che non siano mai state fatte modifiche e risulti immacolato.
Il titolare del negozio, però, si è rivolto a un giudice di pace. Nonostante i motivi importanti per cui il matrimonio è stato rinviato, l’abito deve essere pagato. Negata anche la possibilità di un pagamento rateizzato.
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La 36 dovrà sborsare quasi 3mila euro per il vestito a cui aggiungere le spese legali. Il giudice ha stabilito che, anche in assenza di un contratto scritto, il “contratto orale” con il negoziante ha la stessa validità.