Domenica 12 giugno gli italiani sono stati convocati alle urne per dare il loro parere sui cinque quesiti, a tema giustizia, voluti dal leader della Lega, Matteo Salvini, e dai Radicali. Come ogni iniziativa del genere, il referendum ha avuto un costo monetario, ecco qual era.
Quanto costa un referendum? Se lo sono chiesti in molti, soprattutto a ridosso delle votazioni. La domanda ha assunto anche un altro significato, dopo che i voti non hanno raggiunto il quorum richiesto.
L’affluenza alle urne è stata una delle più basse mai registrate in Italia, e ciò ha stabilito un nuovo record negativo per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche del paese.
Altro elemento degno di nota è stato il strano connubio che si è creato tra i promotori del referendum: Matteo Salvini ha stretto una strana alleanza con i Radicali.
I 5 questi sulla giustizia non sono referendum d’iniziativa popolare: dopo mesi passati per raccogliere firme, il leader del carroccio si è rivolto ai consigli regionali per far partire il referendum.
Referendum sulla giustizia, quanto è costato
Per rispondere alla domanda basta guardare le cifre che sono state spese per situazioni analoghe. In quest’occasione, il Consiglio dei ministri ha deciso di non far coincidere il referendum con altri tipi di votazioni nazionali. Quest’ultima è una scelta che ha permesso di contenere i costi.
Si è scelto invece di approfittare delle elezioni amministrative, che si sono svolte in 978 Comuni.
Solitamente, una giornata di votazioni – a livello nazionale – costa circa 400 milioni: 300 milioni sono a carico del ministero dell’Interno, mentre gli altri 100 sono divisi tra ministero della Giustizia e quello dell’Economia.
I 400 milioni coprono spese quali l’allestimento dei seggi elettorali, il pagamento degli scrutatori e degli straordinari per le forze dell’ordine e il personale amministrativo, fino a tutti i vari costi per i materiali e per l’apparato informatico.