Negli ultimi due anni il mondo del lavoro è cambiato in modo davvero repentino ed improvviso. I nuovi scenari potrebbero offrire delle soluzioni alternative al consumo di risorse e alle migrazioni di “cervelli”.
I processi lavorativi stanno subendo notevoli mutamenti. La digitalizzazione è uno degli effetti più palesi ed evidenti, ma non è l’unico. Le nuove tecnologie permettono di ridefinire gli spazi ed i tempi che si dedicano al mondo del lavoro.
Non è un caso che al fenomeno dello smart working si sia associato quello delle dimissioni di massa o del south working (con questo termine si indica il trasferimento dall’ufficio al Nord al lavoro da remoto al Sud). In Italia sono state ben 484.000 persone a dimettersi nel secondo trimestre del 2021: si tratta di un record davvero storico.
Queste tendenze si sposano perfettamente con altri grandi scenari che si stanno delineando nell’epoca post-pandemia. Trasformare i luoghi di lavoro, da uno statico ufficio ad un insieme di luoghi sparsi per il territorio (anche in posti molto distanti tra loro), approfittando dei vantaggi che la tecnologia mette a disposizione è anche un ottimo modo per favorire il rispetto dell’ambiente. Meno spostamenti equivalgono sicuramente ad un minor inquinamento o ad un consumo di risorse inferiore.
Di pochi giorni fa sono le linee guida dell’Agenzia internazionale dell’energia, che si è attivata con 10 punti per arginare l’imperante crisi energetica. Uno dei punti prevede l’imposizione di 3 giorni di lavoro da remoto nella settimana lavorativa.
Può il lavoro digitale frenare le differenze geografiche?
La digitalizzazione di un’azienda non equivale, però, solo ad evitare faticosi spostamenti per le persone. Il fenomeno, applicato all’Italia, ha visto anche un’interessante ritorno di lavoratori dal Nord Italia alle regioni di origine.
Alcune aziende hanno accettato di far lavorare in smart working i propri dipendenti a centinaia di chilometri di distanza. Considerando qual è il rapporto economico e sociale che caratterizza il nostro paese, ed in particolare del gap che è sempre esistito e continua ad esistere fra Nord e Sud, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione, si tratta di dati da tenere sotto stretta osservazione. Ovviamente, la speranza che il fenomeno continui e che la crescente digitalizzazione del lavoro contribuisca a diminuire quantomeno le differenze geografiche del nostro paese, e non solo.