Pensioni, calcolarla è diventato facile

L’argomento pensioni apre una grande incognita sul futuro di molti. Quello che si può fare, per ora, è basarsi sugli attuali sistemi di calcolo che sono attualmente in vigore. Uno dei due sistemi decadrà a breve, per motivi piuttosto ovvi, ma può comunque interessare chi va in pensione in questi anni.

Il sistema pensionistico è stato al centro di numerose modifiche negli ultimi anni. Si tratta di un argomento piuttosto spinoso, dato che le varie riforme che ci sono state hanno sicuramente ridotto l’importo delle pensioni che si andranno a percepire. 

Tutta “colpa” del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Di mezzo c’è pure il sistema misto, che prevede una fusione dei due metodi di calcolo.
A dettare il cambiamento sono stati i dati anagrafici che non permettevano di mantenere il medesimo sistema di erogazione.

Pensioni, come si fa a calcolarla – tuttogratis.it

Ci sarebbe anche da chiedersi, se senza i problemi di evasione fiscale, l’Italia sarebbe stata in grado di mantenere il sistema retributivo. Ormai, i giochi sono fatti e sarà molto difficile – se non impossibile – tornare indietro.
Non è nemmeno detto che in futuro le cose rimarranno immutate. Molto – per non dire troppo – spesso, l’anno di accesso alla pensione viene posticipato. Pertanto, riguardo all’argomento è meglio non riposarsi mai sugli allori.

Pensioni, sistema retributivo e sistema contributivo

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In origine, le pensioni venivano calcolate con il sistema retributivo. Questo metodo consisteva nel stabilire l’importo della pensione sulla base degli ultimi anni di lavoro. In parole povere, la pensione era uguale allo stipendio che si percepiva nell’ultima fase di vita lavorativa.
Con il sistema retributivo, il passaggio da lavoratore e pensionato non faceva sorgere grandi ostacoli.
Questo metodo risultava perfetto in un momento storico  in cui i pensionati non erano una componente maggioritaria della popolazione e avevano una vita media più corta. Con l’aumentare del benessere economico, gli anziani hanno cominciato ad avere una vita più lunga e ad essere pure più numerosi. Le generazioni di chi è attualmente in pensione sono tra le più numerose dal punto di vista demografico.
Questa bella notizia ha rappresentato, però, per l’INPS un grande onere, difficile da portare avanti. Per questo motivo si è deciso il passaggio al sistema contributivo.
Questo nuovo metodo di calcolo, si basa sull’importo dei contributi che vengono versati dal lavoratore nell’arco della sua carriera. Perciò viene da sé che una pensione calcolata così non sarà mai equiparabile ad uno stipendio: i contributi versati sono solo una parte della cifra. 
C’è da specificare che dal 1996 al 2012 è entrato in vigore il sistema misto, che prevedeva un calcolo delle pensioni che univa i due metodi. Tuttavia, vi rientrano solo coloro che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1996, per cui questa categoria è destinata a breve all’estinzione.

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Con il sistema contributivo, tuttavia, bisogna specificare un dettaglio. Non basta fare la somma di tutti i contributi che sono stati versati. 
Per la conversione in rendita, c’è da fare un altro passaggio. Si tratta di una semplice moltiplicazione. La somma dei contributi viene moltiplicata per il coefficiente di trasformazione.
Il coefficiente di trasformazione è una cifra ISTAT, che viene rivalutato ogni 2 anni e che si basa su dati anagrafici, quali natalità, mortalità, aspettativa di vita, ecc. L’ISTAT esegue una stima di quella che può essere l’aspettativa di vita di un pensionato e su quella regola la rendita da erogare ai pensionati.
Dato che gli elementi anagrafici sono sempre più negativi in Italia, il coefficiente di trasformazione di solito si svaluta. Per cui, ogni 2 anni, le pensioni vengono calcolate per un numero sempre più basso che ridurrà il loro importo.

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