Dalla plastica alla moda è un attimo. Sembra difficile crederlo, ma è l’obiettivo raggiunto da una start up ugandese che ha fatto del riciclo il suo punto cardine. Ora l’azienda, fondata da una giovane imprenditrice, da lavoro a circa 130 persone.
La plastica è uno dei rifiuti più difficili da smaltire in assoluto. Ci voglio circa 100 anni per eliminare la plastica dall’ambiente. Ad aggravare moltissimo la situazione si aggiunge la pervasività che questo elemento ha raggiunto: quasi tutti gli oggetti con cui si ha a che fare ne contengono.
Molto spesso gli oggetti di plastica sono utilizzabili solo una volta, e questo aumenta i flussi di rifiuti che sono destinati alle discariche di tutto il mondo. La maggior parte degli scarti è indirizzata verso paesi del Terzo Mondo, dove lo smaltimento è praticamente inesistente.
A Kampala, la capitale dell’Uganda, si accumulano circa 28.000 tonnellate di rifiuti plastici al giorno. Solo il 50% viene raccolto, e di questa componente solo l’1% viene riciclato. Il resto rimane abbandonato per le strade o per i campi della città, causando gravi danni alla salute delle persone e dell’ambiente.
A volte, i rifiuti sono talmente numerosi da ostruire i canali di scolo e di drenaggio, aumentando il rischio di un’inondazione. La plastica che rimane sui campi coltivabile incide in maniera negativa sulle colture, per non parlare di quella che viene bruciata e rilascia gas tossici nell’atmosfera.
Kimuli Fashionability: il riciclo come filosofia di vita
Juliet Namujju è la fondatrice della start up ugandese, Kimuli Fashionability, che è riuscita a trarre profitto e creare lavoro, convertendo un problema in possibilità di impiego.
Per Juliet il riciclo costituisce una vera filosofia di vita. Da piccola, dopo essere rimasta orfana dei genitori, è cresciuta in una zona rurale del paese, insieme alla nonna; nel suo villaggio non era possibile avere dei giocattoli, per cui ha imparato a crearseli da sola usando ciò che la gente buttava via.
Proseguendo gli studi, Namujju ha portato avanti questo modo di utilizzare i rifiuti e durante gli studi superiori ha sviluppato l’idea di creare abiti e accessori con la plastica che veniva gettata via.
A 20 anni, Juliet ha fondato la sua start up incentrata sulla sostenibilità ambientale. Ma non è l’unico tema portante dell’azienda: all’interno della Kimuli Fashionability c’è spazio anche per l’inclusione sociale. La sensibilità verso questa altra tematica importante è maturata per via di un’altra esperienza personale: il padre di Juliet ha subito un incidente d’auto in cui ha perso entrambe le gambe. Dopo essere diventato invalido, l’uomo ha perso il lavoro e non è più stato in grado di trovarne un altro.
Kimuli Fashionability: dal brutto al bello
Per creare qualcosa di bello, l’azienda si avvale di una catena di produzione che viene svolta da vari comparti dell’azienda.
Il primo passo è quello del recupero del materiale: ogni mese una squadra di ragazzi emarginati riesce a raccogliere circa 300 chilogrammi di plastica.
Le donne si occupano della pulitura della plastica, che poi viene lasciata al sole essiccare. Alla fine, il materiale è tagliato in base a quello che si vuole creare: dai vestiti realizzati con i tipici tessuti africani ad accessori come portafogli o custodie di vario genere.
Juliet Namujju e Kimuli Fashionability hanno vinto il Next Generation Africa, un programma promosso dall’ambasciata italiana in Uganda e dall’associazione BeEntrepreneurs Aps, che ha lo scopo di promuovere l’imprenditorialità in Africa.