TFR: quanto si può ricevere, come utilizzarlo

Il TFR, o trattamento di fine rapporto, è un diritto dei lavoratori riconosciuto sotto forma di una somma calcolata in base alla retribuzione. Il TFR viene accantonato, per essere poi versato al lavoratore al termine del contratto lavorativo; è anche chiamato liquidazione ed è dovuto a qualsiasi lavoratore, anche agli stagionali e per i contratti a tempo determinato. Qualsiasi lavoratore può conoscere l’entità del TFR accumulato ogni mese e ha la possibilità di lasciarlo in azienda o di utilizzarlo per una forma di previdenza integrativa.

A quanto ammonta il TFR
Per calcolare il TFR è sufficiente dividere l’ammontare totale della retribuzione annua lorda per 13,5; il risultato va rivalutato considerando l’inflazione, utilizzando apposite formule che variano di periodo in periodo. Chi intende sapere l’effettiva somma ricevuta può controllare la voce dedicata al TFR in busta paga. Trattandosi di un emolumento cui il lavoratore ha diritto e che deve essere accantonato per ogni mese lavorato è infatti espressamente specificato sulla busta paga mensile l’effettivo ammontare del TFR che l’azienda versa per ogni singolo lavoratore. Non è quindi necessario effettuare bizzarri conteggi, a parte il fatto di dover controllare la tassazione effettiva.

Quando si riceve il TFR
Come già detto, l’azienda versa al dipendente il TFR al termine del contratto di lavoro, sia esso a tempo determinato o indeterminato. Indipendentemente dal fatto che il dipendente si sia licenziato volontariamente o che il contratto sia terminato in altra maniera, anche pre termine. Quindi tutti i lavoratori hanno diritto alla liquidazione, anche se lavorano in un’azienda da pochissimo tempo o se non hanno terminato il periodo di prova. In questi casi è chiaro che la somma ricevuta sarà ridotta, calcolata solo per le effettive settimane di lavoro prestato.

Il TFR in azienda o altrove?
Fino al 1° luglio 2018 i lavoratori italiani avevano la possibilità di ottenere il TFR direttamente in busta paga ogni mese. Tale possibilità è stata abolita, anche se è possibile farsi anticipare parte della somma accumulata nel tempo. Le motivazioni per cui si richiede tale anticipo devono essere correlate alla necessità di affrontare ingenti spese, ad esempio a causa di terapie non ottenibili tramite il servizio sanitario nazionale, per l’acquisto della prima casa per il lavoratore o per i suoi figli, per congedi di maternità o per seguire corsi di formazione. A tale scopo si può ottenere fino a un massimo del 70% del TFR. Un’altra interessante opportunità consiste nell’utilizzare il TFR per la previdenza integrativa. In sostanza è possibile richiedere all’azienda di versare il TFR, quello già maturato e le mensilità successive, presso un fondo pensionistico. Alcune categorie lavorative hanno a disposizione fondi pensionistici collettivi, come avviene ad esempio per i metalmeccanici o per i lavoratori del commercio. Altre categorie invece possono far confluire il proprio TFR in altri fondi di previdenza integrativa.

La tassazione
Il TFR gode di una tassazione alta rispetto a quella cui è sottoposto la normale remunerazione. Il TFR lasciato in azienda viene tassato del 17%, più una tassazione che dipende anche dal numero di anni di servizio spesi in quell’azienda. Se invece si decide di versare il TFR in un fondo pensionistico la tassazione raggiunge un massimo del 15% ma è bene ricordare che il contribuente può dedurre dall’IRPEF fino a un massimo di 5.165 euro utilizzati per la previdenza integrativa ogni anno. Quindi in questo caso si gode anche di una tassazione agevolata, cosa che ha infatti attirato molti lavoratori a scegliere questa opzione. Se si richiede un anticipo del TFR prima del termine del rapporto lavorativo la tassazione è pari al 23% se la somma viene usata per l’acquisto della prima casa, del 15% se invece viene sfruttata per altri scopi, meno una piccola quota per ogni anno di servizio successivo al quindicesimo.

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