Le minori spese in ambito pubblico finanzieranno i prossimi rinnovi contrattuali che ci saranno nel settore pubblico. E’ questa che la prospettiva che si evince leggendo il Documento di economia e finanza.
Ecco come questo documento rende possibile questa rosea prospettiva per le tasche dei dipendenti statali.
La settimana scorsa, il Consiglio dei Ministri ha approvato gli aumenti lordi mensili che saranno pagati a partire da maggio. Bisogna ricordare che tutti gli enti statali (Funzioni centrali, Sanità, Scuola ed Enti Locali), solo quelle delle Funzioni centrali ha già sottoscritto la pre-intesa.
La decisione sarebbe scaturita da una presa di coscienza del netto peggioramento del quadro economico, dovuto a: guerra in Ucraina, picco dei prezzi energetici e dei beni di prima necessità, andamento dei tassi di interesse e stallo nelle esportazioni.
Tuttavia, gli aumenti contrattuali in busta paga hanno un corrispettivo sul piatto della bilancia: in gioco non ci sono solo gli stipendi dei dipendenti pubblici.
A cosa corrispondono gli aumenti in busta paga
Gli aumenti ed i vari rinnovi contrattuali saranno dovuti a diversi tagli della spesa pubblica che caratterizzano il triennio 2023-2025, con le cosiddette procedure di spending review, che erano state bloccate per via della pandemia.
Non bisogna dimenticare che questi tagli e revisioni dei costi pubblici sono una delle condizioni abilitanti previste dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Per cui, la concessione di miliardi e miliardi di fondi da parte dell’Unione Europea, per far partire l’economia italiana dopo i contraccolpi causati dal Covid, passa non solo per le riforme fiscali o della giustizia, ma anche sulla ripresa del taglio delle spese pubbliche, che erano finiti del dimenticatoio per due anno.
L’effetto auspicato è quello di ottenere un risparmio di fondi pubblici di ben 3 miliardi, dal 2022 al 2025.
Come accennato, le conseguenze positive si tradurranno in aumento dello stipendio per tutti i dipendenti pubblici.