I carburanti hanno ormai superato la tanto temuta soglia dei 2,00 euro al litro.
Il balzo in avanti ha significato, secondi i dati rilasciati da Codacons, un aumento del + 39,3% per la benzina e uno del +51,3% per il diesel rispetto ad un anno esatto fa.
Inoltre, nelle aree più difficile da raggiungere, come le isole, i prezzi hanno già toccato i 2,50 euro.
Il vertiginoso aumento dei prezzi è una conseguenza della gravissima crisi internazionale che sta scolpendo l’Europea orientale. La guerra in Ucraina, a livello economico, ha comportato un aumento del prezzo del petrolio ed il cambio euro-dollaro.
Se questi due elementi sono fuori dalla portata di chiunque, c’è un terzo elemento, su cui il governo italiano potrebbero intervenire: le accise.
Le accise sono delle imposte indirette che vengono applicate a dei beni di largo consumo, durante i momenti di crisi, con cui lo Stato recupera dei soldi in maniera veloce ed efficace.
La prima accisa venne imposta nel 1935, con la guerra d’Etiopia. L’Italia fascista non doveva solo pagare le spese per l’invasione dell’Etiopia, ma anche far fronte alle sanzioni internazionali.
A partire dal conflitto italo-abissino, si sono aggiunte molte altre accise che sono andate a creare un’unica imposta.
Attualmente, quando paghiamo la benzina o il diesel, stiamo andando anche a ripagare le spese per la crisi di Suez, per i peggiori disastri naturali italiani, quale il disastro del Vajont, l’alluvione del Friuli del 1966, i terremoti del Belice, del Friuli e dell’Irpinia; le missioni ONU in Libano ed in Bosnia; la crisi migratoria dalla Libia; l’alluvione del 2011 che ha colpito Liguria e Toscana ed il terremoto in Emilia del 2012.
A questi gravi momenti di crisi naturali o internazionali, si aggiungono tutta una serie di decreti legge, acquisti o accordi sindacali.
A decidere il prezzo finale del carburante, oltre le accise, ci sono prezzo di vendita del barile, spese di distribuzione ed IVA.
Quindi non sono solo le accise a far lievitare enormemente i prezzi. Per una crudele ironia della sorte tutta italiana, si calcola comprendendo pure le accise.
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Per cui è chiaro, come il risultato finale sia più alto rispetto al valore reale del prodotto.
Secondo i dati del ministero della transizione ecologia, la combinazione accise più IVA influisce per il 55,3% sul prezzo finale. In parole povere, senza queste due tasse, la benzina ed il diesel costerebbero meno della metà.
L’abolizione dell’accisa è stata protagonista di moltissime campagne elettorali, ma le molte promesse, come capita troppo spesso, sono state ricambiate con dei nulla di fatto.
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Allo Stato conviene troppo questo tipo di tassazione. Il Codacons ha richiesto che l’IVA sulla benzina venisse abbassato dal 22% al 5%, per cercare di dare un po’ di respiro ai consumatori, ma resta da vedere se la richiesta verrà accolta. Intanto, i consumatori continuano a pagare, parafrasando Totò.
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