Il contratto di lavoro a tempo determinato è una tipologia di contratto in cui il lavoratore è assunto per un lasso di tempo limitato. Per questo motivo, il documento riporta sia una data di inizio sia una di fine della prestazione che una persona è tenuto a fornire.
Il contratto a tempo determinato è stato oggetto di recenti definizioni da parte del Jobs Act (D.Lgs. 81/2015) e del successivo Decreto Dignità (D.L. 87/2018).
Ovviamente, il contratto deve essere stipulato in forma scritta ed essere sottoscritto, da entrambe le parti entro 5 giorni dall’inizio della prestazioni lavorative.
Dato che il rapporto lavorativo regolamentato da questo tipo di contratto prevede una fine ben precisa, la data finale deve essere specificata sul documento. In mancanza della stessa, il contratto si trasformerà in tempo indeterminato.
Il contratto a tempo determinato non è sottoscrivibile universalmente. Ci sono delle limitazioni. Per esempio, non può essere fatto se si vuole sostituire dei lavoratori che scioperano o dei lavoratori che si sono licenziati collettivamente da non più di 6 mesi. Allo stesso modo, non si può assumere a tempo determinato se, nell’unità produttiva, si sono verificati casi di cassa integrazione o riduzione d’orario. Infine, non possono usarlo i datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi richiesta dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Nel caso in cui intervenga la violazione di uno qualsiasi di questi divieti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Inoltre, sussiste un generale limite quantitativo per le assunzioni: gli assunti a tempo determinato possono essere fino al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.
In caso di violazione dei limiti quantitativi è prevista una sanzione amministrativa per ogni lavoratore in eccesso.
Prima del Jobs Act, un datore di lavoro poteva far uso di questo contratto solo per ragioni particolari, quali ragioni tecniche, produttive, organizzative e/o sostitutive.
Il Jobs Act ha abolito questo obbligo, che poi è stato nuovamente introdotto dal Decreto Dignità, in caso di rinnovo. La mancanza di una specifica rende automatica la trasformazione del contratto in un tempo indeterminato.
Il Jobs Act ha legiferato anche per quanto riguarda la durate del contratto: non poteva superare i 36 mesi, ad eccezione del lavoro stagionale o di diversa indicazione del CCNL.
In questi 36 mesi, vengono considerate anche diverse prestazioni lavorative. Quando la durata massima viene superata, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato a partire dalla data del superamento.
Il Decreto Dignità ha ridotto la durata massima del contratto a 12 mesi; è possibile arrivare a 24 mesi in casi eccezionali.
Il Decreto Dignità ha stabilito che le proroghe ammesse siano al massimo 4.
Se il lavoratore continua a prestare la propria opera dopo la scenda, egli ha diritto ad una retribuzione maggiorata del 20% fino al 10° giorno successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore.
Oltre il 30° giorno, per un contratto che dura da meno di 6 mesi, ed oltre il 50° giorno in tutti gli altri casi, il contratto si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
In un contratto di questo tipo, il lavoro termina naturalmente alla scadenza del termine indicato, senza necessità di alcuna comunicazione da parte del datore o del lavoratore.
Inoltre, non è prevista la possibilità del recesso anticipato attraverso il preavviso. Le uniche possibilità che ci sono per lasciare il lavoro sono la recessione durante il periodo di prova, il licenziamento o le dimissioni per giusta causa.
Non è contemplato il licenziamento per giustificato motivo, né soggettivo né oggettivo. Il licenziamento o le dimissioni senza giusta causa da diritto del lavoratore a richiedere un risarcimento del danno, pari alla somma di tutte le retribuzioni che gli sarebbero spettate fino alla scadenza prevista o a trattenute nella busta paga.
In assenza di una giusta causa, resta comunque la possibilità per le parti di concordare l’interruzione anticipata.
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