Il licenziamento da diritto all’assegno di disoccupazione (Naspi), mentre le dimissioni no. Per via di questo dettaglio, molti lavorativi preferiscono optare per la prima opzione, in modo da avere delle entrare garantite anche dopo la fine del rapporto lavorativo. Tuttavia, indurre il licenziamento è un comportamento che potrebbe costituite reato.
La Naspi – ossia l’assegno di disoccupazione – è un diritto di tutti coloro che perdono involontariamente il lavoro: insomma, per averne diritto deve essere il datore di lavoro a decidere di lasciarvi a casa.
Tuttavia esiste un’eccezione a questa regola. C’è un caso che permette di ricevere l’assegno anche quando si danno le dimissioni: questo si verifica con le dimissioni per giusta causa.
Le dimissioni per giusta causa si verificano quando un lavoratore decide di abbandonare il proprio posto per motivi ritenuti validi, come il mancato pagamento dello stipendio per due mensilità consecutive, le molestie sul lavoro, la maternità, il peggioramento comprovato delle mansioni lavorative (soprattutto se avvenute in seguito ad una cessione di proprietà dell’attività per cui si lavora) ed il mobbing.
Com’è evidente le dimissioni danno diritto alla Naspi solo quando si verificano delle situazioni davvero particolari o gravi in cui bisogna sempre sperare di non finire mai.
Quindi, licenziarsi perché non si gradisce il proprio lavoro è tutt’altra cosa.
Molti lavoratori ritengono che sia una buona soluzione cercare di provocare il proprio licenziamento, in modo da vedersi garantito l’assegno per la disoccupazione. Alcuni dei metodi più noti sono non presentarsi al lavoro in maniera del tutto ingiustificato, non seguire volontariamente le indicazioni dei propri superiori, appropriarsi di oggetti appartenenti all’ufficio e adottare comportamenti irrispettosi nei confronti dei propri colleghi o dei clienti.
La Corte di Cassazione è intervenuta, sancendo che, nel caso in cui il comportamento di un lavoratore sia palesemente indirizzato al licenziamento, egli debba pagare, come risarcimento, l’importo del ticket di licenziamento, che ammonta a ben 1.500 euro.
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