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Cosa succederebbe se l’Italia uscisse dall’euro? In prossimità delle elezioni europee di maggio, cresce il fronte degli ‘euroscettici’, una folta schiera di partiti, economisti ed esperti vari che propone referendum o addirittura rotture unilaterali per tornare alla lira. Ma tutti coloro che prefigurano questo scenario, sul’onda della crisi e del malcontento popolare, non spiegano davvero cosa succederebbe se uscissimo dall’euro nelle tasche degli italiani dal giorno dopo: proviamo a farlo noi…
Al di là delle conseguenze sul piano politico, essendo l’Italia uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, con una conseguente rottura di un progetto di integrazione lungo oltre trent’anni, dal punto di vista economico, tra tante previsioni piuttosto complicate, l’unica certezza sarebbe quella di una enorme svalutazione nei confronti delle altre valute internazionali. Cosa comporta questo in pratica? Da un lato, come sostengono i fautori dell’uscita dall’euro, avremmo una maggiore competitività sui mercati esteri, rilanciando la nostra economia in quello specifico settore, ma dall’altro impoverirebbe ancora di più le tasche degli italiani, costretti a pagare a prezzo assai maggiorato le importazioni, a cominciare dalle bollette energetiche, di cui siamo dipendenti da altri Paesi. Va ricordato un dato oggettivo, non suscettibile di opinioni divergenti: l’export è uno dei pochi settori che ha continuato a funzionare anche con la crisi dell’Eurozona, tenendo in piedi il nostro precario tessuto produttivo, mentre al contrario sono i consumi degli italiani ad essere considerevolmente crollati, producendo la moria di piccole e medie imprese che sopravvivono contando solo sul mercato interno. Data questa premessa, cosa succede se usciamo dall’euro? Che si acuirebbe ancora di più la crisi interna pare un’ipotesi più che plausibile.
Poi c’è la questione del debito pubblico, il quale è stato ridefinito in euro nell’ultimo decennio: mentre la nostra competitività industriale è in costante declino da almeno la seconda metà degli anni Novanta, al contrario il debito continua a galoppare a cifre stellari, sfondando record su record, a dispetto delle politiche di austerità fin qui messe in campo. Se uscissimo dall’euro ci ritroveremmo a doverlo rimborsare utilizando una valuta molto più debole di quella nominale, rendendo l’importo del debito ancora maggiore di quello attuale: un argomento che accuratamente i sostenitori dell’uscita dell’euro evitano anche solo di accennare. Dunque quali sono le conclusioni? L’euro è diventata una moneta impopolare perché frutto di errori e decisioni sbagliate del passato, le cui conseguenze le stanno pagando le fasce di cittadini più deboli dell’Eurozona. Ma è bene aprire gli occhi e comprendere le conseguenze pratiche di ciò che comporterebbe il tornare indietro: se i vantaggi sono solo supposti, frutto di teorie spericolate e nostalgie di epoche passate in cui svalutavamo la lira nei momenti di crisi, ma in ben altri contesti nazionali ed internazionali, alcuni svantaggi di un’uscita forzata dell’Italia dall’euro sono certi, ovvero redditi ancora più bassi e un ruolo geopolitico marginale, mentre i mercati emergenti come quello cinese conquisterebbero ancora più spazi di quanto già non facciano ora.
Ognuno è libero di farsi la propria opinione in merito, ma in piena consapevolezza e con una corretta informazione sulle criticità del nostro Paese, che hanno origine molto più profonde e lontane della moneta unica. La vera impresa non è uscire dall’euro, ma avere la forza e il coraggio di cambiare le politiche intorno all’euro.
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